Friday, May 18, 2012

Cinque Domande all'Autore - Parte V



Cosa possiamo aspettarci dal prossimo libro di Antonio Romagnolo?

Antonio Romagnolo ha due romanzi pronti. Uno simbolico, una favola per adulti diciamo, ma è scritto in Inglese e va tradotto. L’altro invece è un romanzo di psicologia esoterica da rivedere, forse riscrivere, un romanzo che ha delle grandi potenzialità, ma è stato scritto quando ancora i tempi non erano maturi. Ad ogni modo Antonio Romagnolo sta scrivendo una nuova storia, ma sta anche aspettando la chiamata di Simone e poi deciderà...


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Sunday, May 13, 2012

Cinque Domande all'Autore - Parte IV


Qual e’ stata l’ispirazione per SILTA?

Mi succede spesso d’essere invitato da un mio caro amico in barca a vela. Lui è uno skipper quotato, anche mio parente, perché il cugino della mia compagna. Simone è sempre stato decisivo nel mio percorso e nel decretare il mio destino. Non so se ringraziarlo o mandarlo a quel paese. 

Simone mi chiama e mi chiede se mi andrebbe di volare in Grecia ed aiutarlo a trasferire una barca a vela da Corfù alla Sicilia. Avere un parente ed amico così è una fortuna inestimabile; infatti dopo tre giorni mi trovavo al timone in mezzo allo Ionio, mentre lo skipper e Salvatore, l’altro amico nostro, preparavano la cena cucinando del pesce appena pescato. Accadde che, esattamente come mi capitava su quella bicicletta trent’anni prima, iniziai a sentirmi rapito da questa storia che mi esplodeva dentro. Come puoi ben vedere nulla è un caso, ma tutto sembra essere collegato. Iniziai a scrivere sul mio Iphone tutto quello che mi veniva in mente, imbastendo così una trama, e dopo un anno riuscii a pubblicare. Di base, c’era la necessità di comprendere il mondo femminile per poter avere un rapporto migliore con la mia compagna.


Inoltre, l’ambiente nel quale ho vissuto, mi ha spinto a creare questa donna dell’est. Vivo a Cambridge dal 1997, ed ho incontrato e fatto amicizia con tantissime persone provenienti dall’Europa ex-comunista. È stato quindi naturale per me, creare un personaggio così forte come Beatrise. 


Il luogo in cui vivo è ideale per intervistare gente comune proveniente da ogni angolo del mondo. Di solito faccio moltissime domande, comunico con tutti, e questo è un grande vantaggio; sono le persone che vivono lontano da casa quelle più propense a svelare i dettagli della propria vita, personalità, e nel caso di ‘Sono io, la tua aria’, del passato sotto il regime comunista. 

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Friday, May 11, 2012

Cinque Domande all'Autore - Parte III

Cosa vuol dire essere uno scrittore emergente italiano ma vivere all’estero?


Essere un outsider è sempre conveniente. Lo è nelle dinamiche con i parenti, e lo è di certo a livello sociale. La gente ti guarda sempre con un occhio diverso, non ha punti di riferimento per classificarti, e questa cosa ti concede un ampio margine di vantaggio, sia nel tuo paese di provenienza, che in quello di residenza. Soprattutto quando decidi di presentarti come scrittore; chi lo avrebbe mai detto? Chi non vorrebbe esserlo? Chi non vorrebbe essere anche capace di vendere?


L'identità di un individuo si forma anche attraverso i feedback che riceve dall’esterno, e quindi tramite gli incontri che fa. Se incontri sempre la stessa gente, o ti informi sempre attraverso gli stessi canali, l’identità che vorresti farà fatica a formarsi ed emergere. É un processo naturale fatto di dinamiche del tutto “normali”. 
Se invece te ne vai, e trovi un luogo dove giornalmente hai l'opportunità di confrontarti con il mondo, lentamente questa tua nuova e desiderata identità si inizia creare. 
Disse bene Steve Jobs, quando disse che i punti si collegano guardando nel passato, ma che bisogna credere in questi punti, che bisogna credere in qualcosa. Io aggiungo che per credere, bisogna anche allontanarsi da coloro che ti impediscono di farlo. La tendenza al sud, per esempio, è quella di scoraggiare ogni tentativo di espressione. È una tendenza che ha delle radici solide, che fa parte della cultura. Il nuovo, spesso, disturba gli animi, e di conseguenza influenza il tuo lavoro e soprattutto la tua capacità di visualizzare un obiettivo ambizioso.



La parola estero comunque a me non piace. Mi sento a casa. Mi sento Europeo. È una nuova sensazione, che si acquisisce col tempo. Sono molto legato all'Italia e alla Sicilia, ma l'Inghilterra mi ha dato veramente tanto. Non avrei mai potuto puntare sulla scrittura vivendo in Italia, con una famiglia da mantenere, e tutto quello che ogni genitore e compagno sa di dover garantire. 
Vivere nel Regno Unito significa avere la possibilità di scelta; la possibilità di decidere di lavorare su te stesso, mentre continui a lavorare per la tua famiglia. Ovviamente ci vuole una buona dose di pazzia, ed una donna accanto che abbia una grande pazienza. Cose che a me non sono mancate. Inoltre ci vuole una grandissima forza di volontà. 
Poi c’è
 qualcosa di molto importante. Andando via dall’Italia, si esce fuori dalla bolla mediatica, e si inizia ad imparare un nuovo modo di comunicare, che non è fatto soprattutto di quello che ti dice la televisione. Si inizia ad esplorare tutto quello che c’è da esplorare. 
Inoltre, le novità arrivano prima da queste parti, perché spesso prodotte e/o distribuite da questa gente, quindi si ha un grande vantaggio nell’immaginarsi, per esempio, il futuro dell’editoria italiana quando si è vissuto da vicino, e già da molti anni, il cambiamento dell’editoria anglo-americana. 



L’italiano aveva un limite; Internet. Facebook e l’Apple hanno rotto quest’incantesimo, e guarda caso Amazon ne ha immediatamente approfittato. Ti ricordo che senza l’Apple, l’italiano medio non avrebbe mai usato una carta di credito on-line. Ora chiudendo il discorso, da outsider, prevedere il futuro dell’editoria italiana non è stato per nulla difficile.
Pensa, che una settimana prima di pubblicare l’edizione kindle di “Sono io la tua aria”, in Italia mi avevano tutti sconsigliato di farlo. Fortunatamente, mi sono fidato dei miei punti ed ho creduto fino in fondo in quello che avevo capito ed intuito. 

Monday, May 07, 2012

Cinque Domande all'Autore - Parte II

[Per la Prima Parte, leggete qui]  

Quali sono le tue influenze, sia letterarie che musicali e cinematografiche?

Di Irvin David Yalom ho letto diversi testi, sia accademici che fiction. È un esistenzialista, ed io sposo molte delle sue idee e teorie. Mi ha di certo influenzato aiutandomi ad elaborare il lutto, ed a trovare dei nuovi significati che poi mi hanno anche permesso di trovare il coraggio di abbandonare la “comfort zone”. 
Poi c’è un altro psicoterapeuta che mi ha molto influenzato con i suoi testi, ed è Alexander Lowen, il quale mi ha fatto imparare ad osservare, ed usare, il corpo in maniera diversa. 
Ho un debole per le poesie di Pablo Neruda, (ma non ne so recitare neanche una), mi piace leggere Kahil Gibran e Carl Gustav Jung, ed amo leggere i testi di psicologia esoterica di Thorwald Dethlefsen e di antroposofia di Rudolf Steiner. Poi c’è tanto altro, sono infatti un lettore avido e leggo costantemente di tutto, ma come disse Albert Einstein "The secret to creativity is knowing how to hide your sources".  


La musica, inizialmente, era quella degli anni settanta-ottanta. Battiato, Giuni Russo, Mina, la Oxa, Vasco sicuramente, Michael Jackson, Madonna. Dopo sono arrivati nella mia vita il Rock, tipo i Nirvana, ma forse la cosa più devastante per la mia mente, in senso positivo ovviamente, è stata la post punk, che io ho avuto modo di conoscere negli anni novanta grazie a delle belle amicizie: The Cure, i Pixies, The Jesus and Mary Chain, i Violent Femmes, ed i Joy Division tanto per intenderci. 
Poi invece è arrivata l’influenza della musica elettronica. Il trance, forse, è il genere che mi piace ascoltare di più quando mi alleno.
Goran Bregovic, invece, fa parte di un recente passato e del presente, e visto che Renata ogni sera suona il piano, amo Debussy, Chopin, Rubinstein e molti altri. 
Emir Kustirica è uno dei miei registi preferiti, amo i documentari della BBC e la voce, il commento, ed il lavoro di David Attenborough. Ultimamente mi ha impressionato il film di Luca Guadagnino, I am love. Mi piacciono molto Almodóvar, Amenábar, Alejandro González Iñárritu, e Gabriele Salvatores. 


[Seguirà Parte III]

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Sunday, May 06, 2012

Cinque Domande all'Autore - Parte I


Non conosco Antonio Romagnolo di persona, ma una serie di coincidenze fortuite fece sì che i nostri percorsi si incrociassero, vari mesi fa, su quella specie di grande bar virtuale che è Twitter. Conoscete il tipo di situazione in cui siete infervorati in una conversazione con un paio di amici, e all’improvviso, da dietro sentite una voce: “Scusate se mi intrometto, ma….

Una cosa tirò l’altra e diventammo ‘amici su Facebook’ - a prova, per chi ancora insistesse sul contrario, che il social network di Zuckermann offre alternative valide a una semplice dipendenza da Farmville e Mafia Wars. Ma non solo, perché quando finalmente la mia tabella di marcia da bibliodipendente mi portò ad aprire la copia cartacea di Sono Io, La Tua Aria che Antonio mi aveva generosamente regalato, da amica virtuale mi ritrovai catapultata nel ruolo di vera e propria fan. E sappiamo tutti come sia il sogno di ogni fan che si rispetti il potere intervistare i propri mostri sacri, no?

E allora, senza bisogno di altre introduzioni, passo la parola ad Antonio, ma non senza prima ringraziarlo pubblicamente qui per avere trovato il tempo di rispondere a queste mie cinque domande.

Quando è nata la tua passione per la scrittura?
Inizialmente la scrittura per me non fu una passione, bensì un’imposizione. Quando frequentavo le scuole elementari, mia madre, che non era ancora passata di ruolo ma già insegnava italiano alle medie, pensò bene di utilizzarmi come cavia. 

A scuola ci andavo di pomeriggio. Al mattino facevo i compiti, e subito dopo lei mi costringeva a scrivere. Di solito mi dettava un titolo di un tema, oppure mi lasciava libero di scegliere, altrimenti si inventava una ricerca o una prosa.

Ogni mattina, dal lunedì al sabato, io dovevo scrivere, e la cosa che odiavo di più erano le prose. I miei quaderni erano sempre pieni d’inchiostro rosso, nonostante la prima bozza fosse sempre in brutta. Odiavo scrivere a quel modo, ma qualcosa accadde. Iniziai a pensare in maniera diversa. Involontariamente cominciai ad elaborare un numero alto di informazioni riproducendole a piacere mio. Questo accadde anche perché, dopo il tema, o il riassunto, o la ricerca, e soltanto dopo, mi veniva concessa la libertà. 

Ti spiego meglio. 

La Sicilia è un luogo meraviglioso, soprattutto al mattino.

Scrivere velocemente quelle quattro pagine, facendo felice mia madre, significava essere libero in un posto pieno di luce. Di solito andavo in bici al porto ad esplorare; amavo spiare le ciurme delle barche a vela. Mi ricordo del forte odore di nafta, e di bellissime donne, bionde, ma non depilate. Ho delle chiare immagini, di queste persone che venivano in Sicilia, in barca a vela, dal Nord Europa; gente accaldata, strana, forse anche troppo sporca, ma interessante. 
Altrimenti andavo dai pescatori sul lungomare. Alcuni vendevano il pesce, altri giocavano a carte. Si trattava di uomini che a voce alta raccontavano il mare, o che litigavano per una partita di calcio. Per me ascoltarli era comunque un momento magico.

Il marina del porto e la spiaggia dei pescatori distano forse un chilometro, e sono uniti da una lunga passeggiata sul mare. Io scorrazzavo felice e sudaticcio, dal porto alla spiaggia dei pescatori, almeno sette volte al giorno, e pedalando creavo nella mia mente delle storie che riguardavano quei personaggi che giornalmente osservavo. A volte mi innamoravo di qualcuna di quelle donne, me ne innamoravo a tal punto che ancora oggi mi sembra di ricordarle. Ovviamente la mia fantasia mi faceva volare.
Forse il lavoro che ero costretto a fare a casa con mia madre, associato alla mia curiosità e al bisogno di dover dare un senso, un ordine, ed una direzione alle mie emozioni, fece scaturire la passione verso la creazione di storie. Storie, che comunque, nascevano e morivano lì, perché non le scrivevo; ero nauseato dalla scrittura. 

La cosa strabiliante che accade però non fu questa, ma fu che a scuola iniziai a far finta di leggere i miei riassunti o le mie prose. Capitò tutto per caso. Un sabato non andai a scuola per una vendemmia che durò due giorni, ed il lunedì mi ritrovai impreparato. La prassi del lunedì era sempre la stessa: la maestra uno per volta, in ordine alfabetico, ci chiedeva di leggere la prosa o il riassunto che ci aveva chiesto di sviluppare durante il fine settimana. 
Stiamo parlando di una paginetta. Io ero costretto a scriverne 24 alla settimana di paginette, e lo facevo nella maniera più veloce possibile.
Ricordo esattamente che quel giorno ascoltai gli altri quindici miei compagnetti che mi precedevano sul registro, e dopo con assoluta calma recitai il mio riassunto con successo guardando una pagina bianca. Questa cosa continuò per delle settimane. Ero infatti riuscito anche a manipolare mia madre, dicendole che al sabato non si dovevano fare più i compiti. Lei, che odiava i compiti del sabato, non si lamentò e non fece domanda alcuna.   

Fino a quando, un giorno, un mio compagno di classe disse alla maestra che le pagine del mio quaderno erano bianche. La cosa diventò un affare di stato. Io, infatti, da mesi non facevo prose e riassunti, bensì prendevo in giro sia mia madre che la mia maestra. Mia madre comprese la genialità, e non si arrabbiò molto, ma la maestra non capì. Ricordo con eccezionale chiarezza il ritorno a casa dopo l'incontro tra me, mia madre, e la maestra. Quella fu la camminata più silenziosa della mia vita, ma mi fece intendere quanto mia madre sperasse in quelle mie capacità, ed intuire che il sistema nel quale vivevo non mi avrebbe mai permesso d’esprimermi. Non me lo disse subito mia madre quello che pensava in realtà, aspettò venticinque anni, e per venticinque anni si disperò domandandosi e domandandomi quando, e se, avessi avuto intenzione di usare la mia intelligenza.  

La routine non l’ho mai persa, perché non ho mai smesso di scrivere. Diciamo che da grande scrivere è divenuto un vizio, e come tutti i vizi difficilmente riesco a farne a meno. L’unica cosa che dovetti decidere fu di iniziare a scrivere seriamente, con l’intento quindi di pubblicare. Questa cosa accadde nel 2002, e da quel momento mi sono dedicato intensamente alla scrittura adottando un’intensa introspezione ed un’attenta osservazione del mondo che mi circonda. 

[Seguirà Parte II ]

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